Nel corso del mese di febbraio, si è svolto il 37° vertice dell’Unione Africana (UA). Al centro dei dibattiti – oltre alle varie crisi che destabilizzano diverse aree del continente – anche il futuro del lago Ciad.
Questo bacino lacustre, che rappresenta una reliquia naturale di un antico mare quaternario, è oggetto di costanti e attenti monitoraggi, preso atto del suo lento, progressivo prosciugamento.
I dati sono chiari: negli anni ’60 del secolo scorso la sua superficie era di quasi 26mila km²; oggi si stima sia di circa 1500 km². Una perdita che sfiora il 90%.
Cifre allarmanti, se si considera che il lago rappresenta una fonte di sopravvivenza per milioni di persone, in quanto si trova in una posizione di frontiera tra il Camerun, il Ciad (da cui prende il nome), il Niger e la Nigeria.
Perché sta scomparendo
I fattori che stanno inaridendo l’area sono fondamentalmente due ed entrambi sono provocati dalle attività umane.
Da un lato, vi è stato e vi è a tutt’oggi uno sfruttamento eccessivo delle sue acque da parte di agricoltori e allevatori; dall’altro, gli effetti del cambiamento climatico e del riscaldamento globale stanno accelerando la scomparsa del bacino.
L’enorme perdita di acqua dolce è sinonimo di un disastro non solo ecologico, ma anche umano.
Oltre alla scomparsa di una variegata biodiversità, il prosciugamento del lago aggrava la situazione di insicurezza alimentare per milioni di persone. Basti dire, che fino a 60 anni fa, i pescatori avevano a disposizione un’incredibile abbondanza di pesce.
Il lago Ciad era habitat ideale per oltre un centinaio di specie ittiche. Le popolazioni che vivono attorno al lago e che dipendono da esso per la loro sussistenza potevano contare sull’abbondante pescato. Le terribili siccità avvenute tra il 1972-1973 e il 1982-1984 avevano iniziato a provocare una diminuzione dell’estensione idrica del lago; decremento aggravatosi sempre più in questi decenni. La scarsità d’acqua porta con sé non solo una crisi nella disponibilità alimentare, ma anche una conflittualità tra allevatori e agricoltori per l’uso delle risorse.
Nel corso del 37° vertice dell’Unione Africana, è stato siglato un memorandum d’intesa sul ripristino degli ecosistemi limitrofi al lago, attraverso investimenti promossi dalla Banca africana di sviluppo, con sede ad Abidjan. La stessa istituzione bancaria investirà per rafforzare il ruolo della Commissione per il bacino del lago Ciad, i cui paesi membri sono Camerun, Ciad, Niger, Algeria, Niger, Repubblica Centrafricana, Libia e Sudan.
La Commissione per il bacino del lago Ciad è impegnata sin dal 1964 nella realizzazione di vari progetti, che vanno dal miglioramento degli habitat alla prevenzione dei conflitti, alla riduzione della povertà attorno al lago Ciad, passando per il rafforzamento della resilienza delle popolazioni che dipendono dalle risorse naturali del bacino idrico.
Le maggiori preoccupazioni riguardano le future conseguenze derivanti dai cambiamenti climatici. Secondo varie analisi, tra cui quelle del Gruppo intergovernativo sull’evoluzione del clima, le temperature, riguardanti i paesi nella regione del lago Ciad, sono destinate ad aumentare e ciò avrà profonde ripercussioni sul settore agricolo. Da qui, l’implementazione di progetti mirati alla promozione di varietà agricole locali resilienti, grazie al sostegno del Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (UNDP).