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Aldo Leopold e l’etica della terra

Tra i libri più noti di Aldo Leopold è Pensare come una montagna, il cui titolo originale è A sand County Almanac: and sketches here and there. In Italia, una recente versione di quest’opera è uscita nel marzo 2019 grazie all’iniziativa di Piano B edizioni. Sebbene siano passati ben 70 anni dalla prima edizione apparsa negli Stati Uniti, questo testo fa ancora riflettere sul rapporto uomo-natura e fa discutere su ciò che significa davvero “ecologia”.

Una figura “controversa”

Aldo Leopold (1887-1948) viene ritenuto uno degli ambientalisti ed ecologisti ante litteram avendo promosso la fondazione della Gila Wilderness Area (nel New Mexico), il primo spazio nazionale americano concepito per proteggere la natura. Tra i promotori della Wilderness Society, Leopold si è dedicato con passione alla protezione di quegli ambienti ancora ritenuti “selvaggi”. Allo stesso tempo, però, egli fu un esperto cacciatore, che amava passeggiare con il suo inseparabile cane imbracciando il fucile. Cacciatore ed ecologista? Come è possibile, si sono domandati tanti ambientalisti? Per capire questa contraddizione occorre contestualizzare il personaggio, riportandolo alla sua epoca, quella che lo ha visto nascere alla fine dell’800, in una terra con ampi spazi, con notevoli risorse e con una varietà paesaggistica incredibile. Flora e fauna abbondavano. In quel particolare contesto, la caccia rappresentava una pratica ritenuta “culturalmente e socialmente” rispettabile. Probabilmente, se fosse nato alla fine del XX secolo, Aldo Leopold avrebbe lasciato il suo fucile appeso alla parete di un ripostiglio. Ma il punto fondamentale è un altro, perché Leopold ha dedicato il suo lavoro alla protezione della natura. Come affermano alcuni suoi critici, può averlo fatto seguendo una logica economica utilitaristica – “se proteggo la natura salvo le specie animali e dunque posso ancora cacciare” – oppure può aver sfruttato la passione di tanti americani per la caccia per stimolarli ad abbracciare un’etica ambientale. A prescindere dal suo reale sentire, leggendo Pensare come una montagna risulta evidente il suo profondo legame con la natura.

Come cogliere la bellezza nella/della natura

Leggendo la Prima Parte del libro, ovvero l’Almanacco di una Contea di sabbia, si comprende la capacità di Aldo Leopold di osservare anche i più piccoli dettagli dell’ambiente in cui era immerso. Egli conosce perfettamente sia i nomi degli animali, anche quelli meno noti ai più, come la molfetta, sia i cicli vegetativi di specie inconsuete, come la draba, il più piccolo fiore in grado di sbocciare nelle lingue di sabbia. Di mese in mese, il suo Almanacco tratteggia con dovizia di particolari i vari cambiamenti che di stagione in stagione avvengono nella natura. Sono racconti che abbracciano anche riferimenti politici, economici, finanziari e culturali. Nelle sue descrizioni della natura, Aldo Leopold è un attento osservatore, che si regala del tempo per capire i movimenti degli animali e le mutazioni del territorio. A lui tutto appare interconnesso.

La visione di una comunità biotica

Tutto per Leopold è interrelato: la terra, le acque, le piante, gli animali e la comunità umana. La visione “biotica” lo allontana dall’approccio utilitaristico (la natura è utile all’uomo per le sue risorse e quindi va rispettata), per avvicinarlo piuttosto a una visione “integrale” che considera la comunità umana e la natura tra loro unite inscindibilmente. Per questo egli sprona i suoi lettori a sviluppare una vera “coscienza ecologica”, che presuppone la consapevolezza della forte interrelazione e interdipendenza di ogni forma di vita. Per questi motivi e altri ancora, Pensare come una montagna è un libro che deve essere (ri)-letto. L’Almanacco e gli Appunti di Aldo Leopold fanno riflettere sul tempo e sulle occasioni che l’umanità ha perduto per affinare quella coscienza ecologica da lui auspicata decenni fa. Occorre conoscere e comprendere la natura come la conosceva Leopold, per sviluppare una vera etica della terra, ovvero quell’etica che “allarga i confini della comunità, per includervi il suolo, le acque, le piante e gli animali o, collettivamente, la terra stessa”.

Silvia C. Turrin

Per approfondire: Aldo Leopold Foundation

 

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