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Tinariwen, echi dal deserto

Amalgamando rock, blues e musica tradizionale tuareg, il gruppo dei Tinariwen ha varcato le frontiere del Sahara diventando uno degli ensemble africani più amati e conosciuti. In occasione dell’uscita del nuovo disco dal titolo Emmaar, il collettivo torna a suonare in Italia.

Il popolo tuareg e il loro habitat selvaggio scandito da dune e sabbia hanno da sempre attratto l’Occidente. La loro musica è fiera, piena di sfumature poetiche e di energia, tanto da essere parte integrante dell’identità di questa popolazione di origine berbera. I Tinariwen hanno le loro radici culturali nell’arido ambiente desertico del Mali e nell’idioma tamashek, cui si sono ispirati per il loro nome che significa “deserti”, o meglio “spazi vuoti”. Come sa chi ha viaggiato nel Sahara, “vuoto” non significa per forza privo di vita, non significa spostarsi nel “nulla”, bensì vuol dire tornare all’essenzialità, al nucleo più vero della vita.

La musica dei Tinariwen porta con sé questi rimandi cui si unisce la condizione di un popolo “senza terra”, perché i Tuareg vivono ancora in una no man’s land, costretti da periodi di siccità e dai processi di “modernizzazione” ad abbandonare i loro luoghi prediletti, Mali e Niger, per raggiungere Algeria e Libia. È proprio nella nazione un tempo governata dal colonnello Gheddafi che si è formato il collettivo dei Tinariwen: i componenti, un tempo dediti alla vita nomade, per necessità e per forza hanno preso parte involontariamente al servizio militare di una Libia che un tempo poteva rappresentare una voce panafricanista. In questo contesto così instabile, i Tinariwen hanno forgiato le loro prime canzoni ispirandosi a melodie tradizionali, con liuti e flauti, aggiungendo chitarre elettriche e percussioni. La loro è diventata una musica altamente evocativa, viscerale e al contempo essenziale, perfetta espressione dei paesaggi complessi e multiformi del Sahara. Le loro composizioni inneggiano a un risveglio politico, parlano delle difficoltà connesse alla condizione difficile dell’esilio, alla repressione della cultura e dell’identità dei popoli nomadi del deserto […]

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