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Il ritorno funk di N’Dea

Dopo oltre dieci anni, il nuovo album della band londinese, Get used to it, vede l’atteso ritorno della vocalist di Atlanta. Incontrarla è stata l’occasione per parlare non solo di questo nuovo progetto intriso totalmente di ritmo.

Nei club londinesi e durante le serate organizzate da alcuni dj lungimiranti, in primis Gilles Peterson, all’inizio degli anni Novanta imperversava una nuova rielaborazione del vecchio jazz (soprattutto hard bop e modale) a cui venivano aggiunti elementi afrocubani, soul, funk e hip hop. La fusione tra old school e ritmi moderni ha dato vita a quel fenomeno denominato acid jazz. Sulla scia dell’esplosione di quel movimento, i Brand New Heavies, accanto a gruppi quali Galliano, US3 e Urban Species, sono diventati tra gli esponenti più rappresentativi di quella corrente, imponendosi a livello internazionale. Per Jan Kincaid (batteria, tastiere), Andrew Levy (basso) e Simon Bartholomew (chitarre) è stato del tutto naturale inserirsi in un panorama così effervescente. Già dal 1985, anno in cui hanno formato la band, avevano sviluppato uno stile ispirato al funk e al soul dei ’70. Con il successivo contributo della cantante americana originaria di Atlanta, N’Dea Davemport, l’ensemble ha varcato i confini della scena clubbin’ londinese, ottenendo ottimi riscontri con l’eponimo album del 1991, seguito da Heavy Rhyme Experience: Vol. 1 e dall’indimenticabile Brother Sister, in cui è incluso l’hit “Dream On Dreamer”.

Dopo la dipartita di N’Dea Davemport, impegnata a portare avanti progetti da solista, la formazione ha conosciuto vari cambi di interprete (Siedah Garrett, Carleen Anderson, Nicole Russo), firmando altri lavori di successo, tra cui Shelter e Allaboutthefunk. Molti fan, però, attendevano il rientro nella band della vocalist di Atlanta. Ed ecco che gli Heavies rispondono a queste aspettative  realizzando Get used to it, un nuovo album che segna il ritorno di N’Dea, caratterizzato dalle loro atmosfere raffinate. Già dalla prima traccia, “We’ve got”, ci si addentra completamente nell’essenza di questo lavoro. “Noi abbiamo ciò che voi volete. Abbiamo quello di cui avete bisogno”, viene ripetuto nel riff e il riferimento è chiaro. Gli Heavies hanno la musica nel sangue, non quella campionata, ma suonata sino all’ultima nota. Musica vibrante, in cui si respira una ventata di funk, come loro stessi cantano in “Right on” (Bring back the funk in music, put back the funk in music). “Un album – racconta N’Dea Davemport – nato in modo molto naturale. Quando ci siamo ritrovati insieme, abbiamo unito le nostre nuove idee. L’energia che è emersa dal nostro incontro ci ha dato la spinta per realizzare questo lavoro intriso di funk. Siamo entusiasti del fatto che il vecchio gruppo si sia ricostituito e con Get used to it volevamo proprio trasmettere questo spirito pieno di positività e di motivazione”. 

Oltre al funk, ritroviamo reminescenze del vecchio soul, rilette però nel vostro inconfondibile stile. Avete per esempio ripreso un classico di Stevie Wonder “Dont Know Why (I Love You)”. È una canzone che ha un particolare significato per voi?

“In realtà, volevamo ripescare dal passato della musica soul qualcosa che fosse rappresentativo e alla fine la scelta è ricaduta su questa canzone così solare. Stevie Wonder ha dato tanto alla Black music ed è un importante punto di riferimento anche per le nuove generazioni. È poi uno dei miei musicisti preferiti, anche se per quanto mi riguarda, devo dire che ho attinto da tanti altri artisti, come Chaka Khan, Janis Joplin, Nina Haghen”.

Sei stata influenzata da vari artisti provenienti non soltanto dal panorama soul…

“Sì. Come artista, all’inizio della mia carriera, ero molto orientata verso la dance. In seguito, ho sentito un’incredibile attrazione verso il ritmo e così mi sono avvicinata allo studio della batteria. Per un lungo periodo di tempo ho tratto ispirazione da Stewart Copeland dei Police e Terry Bosio dei Missing Persons. La passione per il ritmo c’è ancora, come dimostra “Sex God”, in cui ho suonato la batteria”.

A proposito, come è nata “Sex God”, una delle tracce del disco più sensuali e appunto piene di ritmo?

“Quando abbiamo iniziato a registrare il disco eravamo a New York, ma mancava il batterista. Abbiamo comunque iniziato a provare qualcosa in studio e, visti i miei trascorsi, mi sono cimentata io alla batteria, sviluppando così in modo direi embrionale il groove di “Sex God”. Per comporre la canzone mi sono ispirata a una situazione immaginaria, riferita comunque alla mia vita a New York. È stata in pratica la miccia che ha dato l’avvio al nostro nuovo progetto. Tutto è nato da lì”.

Il tuo ultimo album con i Brand New Heavies, prima di portare avanti i tuoi personali progetti, è stato Brother Sister del 1994. In questi anni molti fan speravano però in un tuo ritorno. Dopo un lungo periodo di tempo, quali sensazioni hai avvertito da questa reunion?

“Sai, è stato tutto molto intenso. Ho avuto la sensazione di ritornare a casa e di ritrovare la famiglia che avevo lasciato tempo fa. Ho provato un senso di gioia e di serenità, anche perché il feeling musicale tra noi è rimasto invariato. Il mio ritorno deriva dal nostro star bene insieme e dal piacere di suonare insieme”.

In Get used to it, come del resto nei precedenti lavori, è evidente la vostra cura negli arrangiamenti. L’aspetto strumentale è importante quanto l’elemento vocale. È un approccio attraverso cui volete creare un sound definibile genuino, privo di campionamenti, molto vicino alla old school? 

“In realtà, non siamo contrari ai sample o ad altre manipolazioni nei suoni. Vogliamo semplicemente creare in modo naturale la musica, partendo quasi da una sorta di jam session. Quando ci troviamo in studio per comporre, ci piace improvvisare e introdurre in modo spontaneo nuovi elementi al pezzo, che possono essere particolari accordi o una nuova linea di basso o una differente parte vocale. È una sorta di processo chimico che si sviluppa progressivamente, sulla base delle nostre rispettive idee. Tutte le canzoni nascono attingendo dalla realtà che ci circonda e da ciò che viviamo.

La mia intervista integrale a N’Dea è consultabile qui in pdf: BRAND_NEW_HEAVIES

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