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Essere “monotasking” per mantenere l’attenzione e conservare l’energia

Professori di neuroscienze cognitive, docenti di comunicazione e psicologi ci stanno mettendo in guardia, ormai da anni, dall’agire, lavorare, vivere secondo un orientamento multitasking.
Un approccio, invece, spesso richiesto, in modo più o meno esplicito, in vari ambienti professionali. Eppure, effettuare più compiti alla volta nuoce a livello produttivo e anche sul piano cognitivo. Il nostro cervello può subire una sorta di “cortocircuito” nel seguire i troppi e variegati compiti a cui lo sottoponiamo e può entrare in modalità stand-by.

Anche se il nostro cervello è plastico, agire in modo multitasking ci disperde tante energie, ci distrae e aumenta i pericoli di produrre sbagli anziché risultati positivi.

L’aspetto buffo è che il termine multitasking è diventato quasi di moda, in diversi ambiti, molto distanti tra loro e che con l’informatica non hanno nulla a che fare.

Sì, perché vogliamo ricordare come la parola multitasking sia stata utilizzata prima di tutto in ambito tecnologico, per indicare quei sistemi operativi capaci di eseguire più programmi contemporaneamente.

Il dogma dell’efficienza, il dogma della produttività, il dogma dell’edonismo… ci spingono a credere che in questo terzo Millennio sia necessario compiere più azioni allo stesso tempo, altrimenti si viene tagliati fuori dal sistema, si è “out”.

Ma è davvero così?

Il cammino meditativo ci spinge ad andare in tutt’altra direzione. Il cammino meditativo ci spinge ad andare controcorrente, alimentando piuttosto la nostra capacità di attenzione, di concentrazione, di focalizzazione su un pensiero, su un gesto, su una sensazione, su un’immagine.

Nella pratica meditativa non è possibile e non è nemmeno né auspicabile, né richiesto essere “multitasking”; occorre piuttosto nutrire l’attenzione cosciente orientandola verso una determinata visione/azione contemplativa.

Anche le ricerche accademiche in questi anni hanno messo in luce come l’approccio al multitasking sia deleterio sul piano creativo, energetico e produttivo.

Lo ha evidenziato per esempio Daniel Levitin, professore di psicologia e di neuroscienze all’Università McGill di Montreal, nonché autore del libro “The Organized Mind, Thinking Straight in the Age of Information Overload” (non tradotto in italiano).

Il nostro cervello – dagli studi condotti – può trattare un solo compito alla volta in maniera efficiente, lucida, pratica. In altre parole, quando stiamo svolgendo due attività simultanee si attivano più aree a livello cerebrale, ma di fatto il cervello tratta un solo compito alla volta. La corteccia prefrontale ci permette di coordinare e pianificare vari compiti, ma in realtà il cervello ha bisogno di un brevissimo lasso di tempo per portare la nostra concentrazione su un compito e poi su un altro.

Una frase che ci ha fatto sorridere e che condividiamo pienamente l’ha riferita lo scrittore statunitense Philip Connors:

Voglio accrescere le mie capacità di concentrazione, non ridurle. Tuttavia, tutte le meravigliose invenzioni del XXI secolo mi spingono, mio malgrado, nella direzione opposta”.

Noi meditanti attraverso la pratica costante, sincera e regolare ci stacchiamo dai condizionamenti, dalle distrazioni, lasciando la nostra mente in uno stato naturale.

Come abbiamo sottolineato nel libro Mindfulness Immaginale la meditazione produce vari benefici, tra cui: la pacificazione della mente; l’attenzione cosciente e l’assenza di giudizio.

La meditazione ci porta a una pacificazione mentale e una mente in pace plasma il cervello portandolo a indirizzare meglio le funzioni cerebrali verso gli atti che compiamo nel momento presente.

Silvia C. Turrin

Articolo pubblicato anche sul mio sito dedicato alla Meditazione:
https://nelcuoredellameditazione.wordpress.com/

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