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Amadio Bianchi

Sul numero 34 di Vivere lo Yoga (settembre-ottobre 2010) è pubblicata la mia intervista al Maestro Amadio Bianchi.

Eccone un breve estratto:

Incontriamo un grande Maestro di yoga e ayurveda che negli anni ha creato un ponte culturale fra Oriente ed Occidente

il Maestro Amadio Bianchi - foto di Silvia C. Turrin
il Maestro Amadio Bianchi – foto di Silvia C. Turrin

Era il 1998 quando si è tenuto a Milano un importante evento di respiro internazionale per commemorare la figura del Mahatma. Dal 24 al 30 gennaio, in uno spazio di quasi novemila posti a sedere, si erano esibiti gratuitamente oltre 300 artisti, provenienti da varie latitudini del pianeta. Ideatore di questa grande celebrazione, chiamata “Artisti per la pace. Gandhi 50 anni dopo”, è stato il Maestro Amadio Bianchi, figura autorevole, in Italia e all’estero, del mondo dello yoga e dell’ayurveda. Presidente dell’European Yoga Federation e del World Movement for Yoga, Yogacarya Amadio Bianchi è chiamato anche Swami Suryananda Saraswati, a conferma della sua forte simbiosi con la cultura e la filosofia indiana. Lo abbiamo incontrato nella sede della Scuola Internazionale di Yoga e Ayurveda, C.Y.Surya, da lui fondata. Tanti i temi interessanti emersi nel corso dell’intervista. Dalle sue parole e dai suoi gesti traspare una profonda pace interiore e quella consapevolezza che tanti ricercano, soprattutto in un periodo così instabile come quello in cui l’intera umanità è immersa. «C’è un più ampio risveglio di consapevolezza dettato dalla necessità o dal malessere – spiega il Maestro. In questa fase storica è più evidente che in altri momenti. Quando si è profondamente nell’oscurità, si anela forse con più desiderio a una visione più chiara. Dal punto di vista spirituale, è un periodo molto cupo, in quanto siamo nel kali yuga. Proprio in questi momenti alcune coscienze si risvegliano con più evidenza. Io le sto incontrando sempre più numerose».

Dal buio alla luce
Gli antichi testi vedici descrivono questa era come un’epoca di decadenza, di discordia e grandi conflitti. Ma è appunto in questi frangenti che molte persone si aprono e sono più ricettive a cogliere segnali non materialisti, non tangibili, più profondi e vicini alla propria coscienza. Il Maestro Amadio Bianchi ha vissuto il “suo kali yuga”, circa 45 anni. All’epoca stava attraversando una fase esistenziale molto difficile, delicata e oscura. È stato proprio in quel periodo complesso e pieno di difficoltà che si è avvicinato allo yoga. «Ho iniziato a praticare per una motivazione personale. Avevo perduto la salute. All’età di 17- 18 anni ho incominciato ad avere problemi di anemia, che poi si sono acuiti con il passare del tempo. Qualche dottore aveva in seguito definito l’anemia “un sospetto di leucemia”. Sono andato in cura da un famoso professore di Genova. Sto parlando di 45 anni fa. Era un luminare del settore. Da quell’incontro i miei problemi non si sono risolti. Si è acuita anche la mia condizione psicologica ed emotiva di tristezza: ero circondato da molte attenzioni, quelle attenzioni che si elargiscono a una persona che se ne sarebbe andata. Credo che quella tristezza che mi aveva colpito avesse aggravato ancora di più il mio stato di salute precario. Infatti, mi sono ammalato anche di tubercolosi. Nonostante le difficoltà mi sono sposato con Emy Blesio (diventata anche lei una nota insegnante di yoga; ora Presidente dell’International Yoga Confederation, N. d. A.). Avevo 23 anni e la mia compagna Emy 19. Stavamo arredando la casa e stavamo cercando anche libri per arricchire scaffali e librerie nuove. Abbiamo acquistato parecchi volumi. Il libraio che ci li ha venduti era così contento che ci ha regalato alcuni testi, diversi rispetto a quelli che Emy richiedeva. Tra questi figura un libro per me importantissimo, perché mi ha cambiato la vita. Si tratta di Sport e yoga scritto dal Maestro Yesudian, originario dell’India, che però risiedeva in Svizzera. Ho incominciato a leggere questo e altri suoi libri, che in realtà non hanno grandi pretese filosofiche; però, fra le righe, c’è qualcosa che mi ha profondamente colpito. Quel libro è stato ed è talmente importante che nella mia casa lo custodisco in una vetrinetta. È una delle cose più care. Gli scritti del Maestro Yesudian hanno determinato il mio impatto con l’Oriente, con lo yoga prima e l’ayurveda poi. Dopo averli letti, ho praticato yoga per 3 anni in modo intenso risolvendo praticamente tutti i miei problemi di salute. Il medico condotto del mio paese natale, Corteno Golgi a pochi chilometri dalla Svizzera, andò da mia madre, dicendole: “Sono un uomo di scienza, non credo nei miracoli, ma questo lo è”. Partire da analisi di un certo tipo e arrivare a risultati di un altro tipo credo per un medico sia stupefacente. Ho cambiato l’alimentazione, e ho seguito un percorso yogico partendo dagli insegnamenti di questo maestro, per poi avvicinarmi ad altre tecniche. Di questo devo ringraziare anche un famoso ex-calciatore che ho incontrato all’Aprica. Questo signore si chiama Paolo Marocchi e anche a lui devo un poco dell’emozione e dello slancio che mi ha condotto allo yoga. L’ho incontrato quando non era più calciatore a causa di problemi al ginocchio. Mi raccontava che per una persona cresciuta nel mondo del calcio, uscirne per forza è stato traumatico. Lo yoga gli aveva permesso di recuperare una condizione di serenità. È stato Paolo Marocchi a mettermi in contatto con i primi maestri riconosciuti e conosciuti in Italia».

Continua tra le pagine di Vivere lo Yoga n.34

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